Nello sport, come nella vita, ci sono incontri casuali che si rivelano essere, poi, letteralmente provvidenziali. Il destino, d’altra parte, è per natura imprevedibile. Lo sa bene Greta Cicolari, una vita in palestra a inseguire, una schiacciata dopo l’altra, un sogno chiamato Olimpiade. Nel 2007 la convocazione con la nazionale indoor, poi la scelta di intraprendere una nuova strada, abbandonando il taraflex per dedicarsi, anima e corpo, alla sabbia.
“Il mio primo “incontro” con il beach volley – racconta Greta – è stato quasi un caso, uno scherzo. Con un’amica abbiamo deciso di provare a giocare qualche partitella ma personalmente odiavo la sabbia e così non ho dato seguito a quell’esperienza. Nel 2007, poi, è arrivata la convocazione con la nazionale indoor e per questo non ho nemmeno preso in considerazione di partecipare a qualche torneo, cosa che invece è capitata l’anno successivo, nel 2008, quando Silvia Fanella mi ha chiesto di giocare con lei visto che la sua compagna era infortunata. Questa volta l’impatto è stato migliore, tanto che nel 2008 ci ho riprovato, con l’obiettivo questa volta di entrare in nazionale”.
Come è stato ripartire da uno sport tutto nuovo? “Diciamo che sono stata abituata, nella mia vita, a praticare molti sport, basti pensare che dai 6 ai 16 anni ho fatto Judo, arrivando addirittura alla cintura nera, e che solo a 14 anni ho cominciato a giocare a volley. Dopo dieci anni passati in palestra, a girare l’Italia e non solo, ho scelto di rompere la routine e ripartire. Ho abbandonato un mondo sicuro, perché all’epoca nel volley c’erano stipendi buoni e gli impegni venivano sempre onorati, per inseguire quel sogno che avevo fin da bambina, partecipare alle Olimpiadi. Per inseguire quel sogno ho anche compiuto sacrifici a livello economico, nei primi tempi soprattutto, ma non rimpiango nulla: è stato fantastico realizzare quel che desideravo fin da piccola”.
Per te l’incontro con il beach volley è stato decisamente “tardivo” ma quale pensi possa essere, per un ragazzo o una ragazza, l’età migliore per cominciare a praticare questo sport? “Difficile davvero dare una risposta, penso che a 15-16 anni il fisico sia già ben predisposto per avviare uno sport impegnativo come il beach volley ma forse l’età migliore per praticare questo sport è successiva. È uno sport che “stressa” molto a livello mentale e se non si è ben temprati il rischio di crollare e mollare presto è alto. I bambini? In Italia si sta cominciando adesso ad avviarli presto al beach volley, con un approccio che prediliga soprattutto l’aspetto ludico e penso che questo sia corretto. Tuttavia è un’esperienza davvero nuova e solo tra qualche anno potremo tracciare un bilancio”.
Quali caratteristiche fisiche e mentali dovrebbe avere un beacher? “Bisogna essere molto forti, in tutti i sensi. A livello mentale, perché alla fine, a differenza di quello che avviene magari in palestra, ti ritrovi a essere solo: le tue difficoltà non le dici nemmeno alla compagna perché la metteresti, a sua volta, in difficoltà. Ho pianto spesso in albergo, in aereo... bisogna avere la forza di superare tutti questi ostacoli. A ivello fisico, allo stesso modo, parliamo di uno sport molto impegnativo. Ci vuole molto a trovare la forma, poi ti ritrovi a preparare e a giocare 6-7 partite in tre giorni. Devi avere alle spalle un lavoro fisico, di preparazione, molto intenso e specifico. Inizi ad allenarti a dicembre, poi quando ad aprile inizia la stagione vera e propria passi 5-6 mesi in cui giochi e basta, con uno stress fisico quotidiano non indifferente”.
Hai notato differenze, con il passare degli anni, nella preparazione? “Sicuramente all’inizio è stata durissima, ora credo di avere una specie di “base” che mi consente di ripartire ogni anno con meno problemi. Ora, per esempio, so che in un mesetto riesco a entrare in forma, mentre prima ci voleva molto più tempo. Va detto, però, che il lavoro è davvero molto specifico e che, anche per questo, le “risposte” variano da atleta ad atleta”.
Quanto conta il talento per un beacher? “Sicuramente bisogna essere portati, non solo a livello tecnico ma anche a livello fisico. Costruire un giocatore dal nulla si può fare ma è un lavoro durissimo: se non sei portato la sabbia diventa un vero e proprio nemico. Predisposizione e talento fanno per il 70% un giocatore, il resto si allena quotidianamente. Discorso che vale soprattutto per il giocatore di “muro”, mentre quello di “difesa” ha qualche vincolo in meno”.
Quanto si lavora sul campo e quanto, invece, in sala pesi? “Generalmente si alterna il lavoro in sala pesi con quello sulla sabbia, che non è prettamente tecnico. Spesso, infatti, si lavora sulla preparazione anche sul campo, magari con delle “ripetute” quando il corpo è già stanco, in modo da abituarlo a un determinato tipo di stress fisico. Nella seconda fase della preparazione, invece, diventa preponderante la parte tecnica in cui, comunque, non manca il lavoro fisico: sulla sabbia, d’altra parte, è così per forza. La differenza con l’indoor? Se in palestra non fai pesi rischi di farti male, la sabbia già di suo ti allena e, per questo, ci sono meno rischi”.
Come fate per curare la parte “fisica” mentre siete in giro per il mondo per i tornei? “Il World Tour ti mette delle strutture a disposizione, sia palestre che campi, poi ti inventi di tutto per “lavorare”, anche fare esercizi di corpo libero in stanza”.
Forza, lavoro aerobico e prevenzione: di quali di questi tre aspetti non faresti a meno per giocare ad alto livello? “Dipende dal fisico dell’atleta. Io personalmente favorisco la prevenzione, anche perché sono “esplosiva” per natura e ho molto fiato, allora preferisco lavorare per evitare infortuni e problemi fisici”.
Sei entrata in contatto con tante atlete con cui hai giocato o con cui ti sei confrontata. Hai notato differenze nel lavoro di preparazione? “Certo, ho scoperto, ma non mi stupisce, che il lavoro è davvero molto specifico e varia da atleta ad atleta. A seconda delle proprie caratteristiche si lavora in maniera diversa e penso che questa sia la linea che si segue sempre di più anche in ottica futura. Lavorare sempre più in maniera specifica è fondamentale per il beach volley: mi rendevo conto di quanto fosse importante già nel volley indoor, sebbene fosse difficile un discorso di questo tipo perché un preparatore non può preparare dodici piani di lavoro diversi. Nel beach volley, dove si lavora su pochissimi atleti, è più semplice e mi auguro che si prosegua davvero in questa direzione”.
Intervista di Giuseppe Maddaluno
Greta Cicolari
nata a Osio sotto (Bg) il 23 agosto 1982,
Ha preso parte all’edizione dei Giochi Olimpici di Londra 2012 dove si è classificata al quinto posto.
Ha preso parte altresì a due edizioni dei Campionati Mondiali ottenendo come miglior risultato il quinto posto storico aStare Jabłonki 2013.
Ha vinto inoltre la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo di Mersin nel 2013.
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Beach Volley, Greta Cicolari racconta il suo beach volley: "Predisposizione e talento le basi per un giocatore" | Basket e Volley in rete
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